Scaraffia: “Ho rotto con Ca’ Foscari, sbagliato cedere a certi gruppi”

Agli inizi di ottobre la storica Lucetta Scaraffia è stata protagonista di un epico scontro con Ca’ Foscari. Un dissidio che l’ha portata a dare le dimissioni dal comitato etico dell’università veneziana a seguito della decisione di sospendere ogni collaborazione con istituti di ricerca israeliani. L’aggressione del collettivo Sumud a Emanuele Fiano per Scaraffia dimostra che «in molte università italiane non è più garantita la libertà di pensiero e di parola».
La rettrice Lippiello ha espresso solidarietà a Fiano condannando la protesta degli studenti che gli hanno impedito di parlare. Che giudizio ne dà?
«La rettrice era presente all’evento? A me sembra di no. Ottima la solidarietà a Fiano ma, con l’aria che tira contro gli ebrei, forse un rettore dovrebbe tenerne conto ed essere presente».
A fare da scudo?
«Qualche forma di tutela va immaginata in questi casi. Non è la prima volta che viene impedito a un ebreo di parlare, mi stupisce che non si siano presi provvedimenti».
Ad esempio?
«Un filtro per impedire a certe persone di entrare. Nelle università dovrebbero poter parlare tutti».
Anche Netanyahu, se fosse invitato, dovrebbe poter parlare?
«No, lui dovrebbe essere arrestato».
Chi erano quelli che hanno protestato contro Fiano?
«Erano studenti non c’è dubbio, oltretutto se uno di loro avesse chiesto di intervenire, sono sicura che lo avrebbero fatto parlare. Sono piccoli gruppi, non sono la maggioranza, ma gli altri - e ci metto anche i professori e i rettori - stanno zitti perché sono impauriti. Io li capisco eh!».
In che senso li capisce?
«Ho insegnato per anni alla Sapienza e ho anche fatto il ‘68. Adesso che sono in pensione per me è più facile parlare, ma se domattina dovessi andare in aula a fare lezione, con la paura di trovarmi circondata dai pro-Pal, ci avrei pensato un po’ di più».
Il paradosso è che se la sono presa con Lele Fiano che non ha mai nascosto le sue critiche al governo israeliano. Perché proprio lui?
«Ma questi non sanno neanche chi sia Fiano, gli basta che ci sia un ebreo che parla di Israele per accendersi. Ho apprezzato che Fiano abbia insistito a uscire dall’aula dopo di loro, per non dare l’idea che veniva cacciato. L’ho ammirato molto per questo».
Quello di Ca’ Foscari è un caso isolato?
«No, è successo qualcosa di simile già a Torino e a Milano. E molte decisioni di interrompere i rapporti con università israeliane vengono decise su pressione degli studenti, per paura che mettano a ferro e fuoco le università».
Anche con la Russia però alcune università hanno deciso di congelare i rapporti. Non è la stessa cosa?
«No, per niente. La Russia ha invaso un Paese libero e sovrano, violando il diritto internazionale, Israele ha fatto una guerra per riprendersi gli ostaggi dopo il sanguinoso pogrom di Hamas. Sono due scenari molto differenti».
È un segnale politico al governo israeliano la sospensione dei rapporti accademici non crede?
«La condanna della guerra a Gaza è conto, un altro è fare come l’università di Pavia, che ha interrotto un rapporto con un docente israeliano di farmacologia. Cosa c’entra la farmacologia con Gaza?».
Pensa che ci sia un problema specifico a Ca’ Foscari?
«Non ho mai insegnato lì, non lo so. Io facevo parte di un comitato etico, ma da esterna. Suppongo che la rettrice non sia una pro-Pal scatenata, che sia rammaricata per quanto accaduto. Ma allora perché non è intervenuta prima? Penso si sia trattato di un cedimento nei confronti di questi gruppi».
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